C-551/21 – Commissione/ Consiglio (Signature d’accords internationaux)
Language of document : ECLI:EU:C:2024:281
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
9 aprile 2024 (*)
«Ricorso di annullamento – Decisione (UE) 2021/1117 – Protocollo di attuazione dell’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Repubblica gabonese e la Comunità europea (2021-2026) – Firma a nome dell’Unione – Istituzione competente a designare la persona abilitata a firmare – Articolo 13, paragrafo 2, TUE – Rispetto da parte di ogni istituzione dell’Unione dei limiti delle attribuzioni ad essa conferite – Leale cooperazione tra le istituzioni dell’Unione – Articolo 16, paragrafi 1 e 6, TUE – Potere del Consiglio dell’Unione europea di definire politiche ed elaborare l’azione esterna dell’Unione – Articolo 17, paragrafo 1, TUE – Potere della Commissione europea di assicurare la rappresentanza esterna dell’Unione – Articolo 218 TFUE»
Nella causa C‑551/21,
avente ad oggetto il ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposto il 7 settembre 2021,
Commissione europea, rappresentata inizialmente da A. Bouquet, B. Hofstötter, T. Ramopoulos e A. Stobiecka-Kuik, successivamente da A. Bouquet, M. Bruti Liberati, B. Hofstötter e A. Stobiecka-Kuik, in qualità di agenti,
ricorrente,
sostenuta da:
Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, rappresentato da L. Havas, F. Hoffmeister e S. Marquardt, in qualità di agenti,
interveniente,
contro
Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. Antoniadis, B. Driessen e F. Naert, in qualità di agenti,
convenuto,
sostenuto da:
Repubblica ceca, rappresentata inizialmente da K. Najmanová, M. Smolek, O. Šváb e J. Vláčil, successivamente da K. Najmanová, H. Pešková, M. Smolek, O. Šváb e J. Vláčil, in qualità di agenti,
Repubblica francese, rappresentata inizialmente da J.-L. Carré, A.-L. Desjonquères e B. Herbaut, successivamente da A.-L. Desjonquères, B. Herbaut e B. Travard, in qualità di agenti,
Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér e K. Szíjjártó, in qualità di agenti,
Regno dei Paesi Bassi, rappresentato inizialmente da M.K. Bulterman e J. Langer, successivamente da M.K. Bulterman, J.M. Hoogveld e J. Langer, in qualità di agenti,
Repubblica portoghese, rappresentata da P. Barros da Costa, A. Pimenta e J. Ramos, in qualità di agenti,
intervenienti
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, C. Lycourgos (relatore), N. Piçarra e O. Spineanu-Matei, presidenti di sezione, M. Ilešič, P.G. Xuereb, A. Kumin, N. Jääskinen, N. Wahl, I. Ziemele e J. Passer, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: M. Longar, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 marzo 2023,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 luglio 2023,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con l’atto introduttivo del ricorso, la Commissione europea chiede l’annullamento dell’articolo 2 della decisione (UE) 2021/1117 del Consiglio, del 28 giugno 2021, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, e all’applicazione provvisoria del protocollo di attuazione dell’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Repubblica gabonese e la Comunità europea (2021-2026) (GU 2021, L 242, pag. 3), nonché della designazione, da parte del Consiglio dell’Unione europea, tramite il suo presidente, del rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea come persona abilitata a firmare detto protocollo.
Contesto normativo
Diritto internazionale
2 L’articolo 2, paragrafo 1, della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations Unies, vol. 1155, pag. 331; in prosieguo: la «convenzione di Vienna») così recita:
«Ai fini della presente convenzione:
(…)
c) l’espressione “pieni poteri” indica un documento emanato dall’autorità competente di uno Stato che designi una o più persone a rappresentare lo Stato nel corso dei negoziati, l’adozione o l’autenticazione del testo di un trattato, per esprimere il consenso dello Stato stesso ad essere vincolato da un trattato o per compiere ogni altro atto riguardante il trattato stesso;
(…)».
3 Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, di tale convenzione:
«Un individuo viene considerato il rappresentante di uno Stato per l’adozione o l’autenticazione del testo di un trattato o per esprimere il consenso dello Stato ad essere vincolato da un trattato:
a) quando presenti i pieni poteri del caso;
(…)».
4 L’articolo 18 di detta convenzione prevede quanto segue:
«Uno Stato deve astenersi dal compiere atti che sarebbero suscettibili di privare un trattato del suo oggetto e del suo scopo:
a) quando ha firmato il trattato o scambiato gli strumenti costituenti il trattato, con riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione, finché non ha manifestato la propria intenzione di non divenire parte del trattato; o
b) quando ha espresso il proprio consenso ad essere vincolato da un trattato, nel periodo che precede l’entrata in vigore del trattato e a condizione che questa non sia indebitamente ritardata».
Diritto dell’Unione
Trattato UE
5 Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE:
«Ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste. Le istituzioni attuano tra loro una leale cooperazione».
6 L’articolo 16 TUE è così formulato:
«1. Il Consiglio esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati.
(…)
6. Il Consiglio si riunisce in varie formazioni, (…)
Il Consiglio “Affari generali” assicura la coerenza dei lavori delle varie formazioni del Consiglio. (…)
Il Consiglio “Affari esteri” elabora l’azione esterna dell’Unione secondo le linee strategiche definite dal Consiglio europeo e assicura la coerenza dell’azione dell’Unione.
7. Un comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri è responsabile della preparazione dei lavori del Consiglio.
(…)
9. La presidenza delle formazioni del Consiglio, ad eccezione della formazione “Affari esteri”, è esercitata dai rappresentanti degli Stati membri nel Consiglio secondo un sistema di rotazione paritaria, (…)».
7 L’articolo 17, paragrafo 1, TUE prevede quanto segue:
«La Commissione promuove l’interesse generale dell’Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine. Vigila sull’applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei trattati. Vigila sull’applicazione del diritto dell’Unione sotto il controllo della Corte di giustizia dell’Unione europea. Dà esecuzione al bilancio e gestisce i programmi. Esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione, alle condizioni stabilite dai trattati. Assicura la rappresentanza esterna dell’Unione, fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune e per gli altri casi previsti dai trattati. Avvia il processo di programmazione annuale e pluriennale dell’Unione per giungere ad accordi interistituzionali».
8 L’articolo 27, paragrafo 2, TUE così recita:
«L’alto rappresentante [dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza] rappresenta l’Unione per le materie che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune. (…)».
Trattato FUE
9 L’articolo 218 TFUE così dispone:
«1. Fatte salve le disposizioni particolari dell’articolo 207, gli accordi tra l’Unione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali sono negoziati e conclusi secondo la procedura seguente.
2. Il Consiglio autorizza l’avvio dei negoziati, definisce le direttive di negoziato, autorizza la firma e conclude gli accordi.
3. La Commissione, o l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza quando l’accordo previsto riguarda esclusivamente o principalmente la politica estera e di sicurezza comune, presenta raccomandazioni al Consiglio, il quale adotta una decisione che autorizza l’avvio dei negoziati e designa, in funzione della materia dell’accordo previsto, il negoziatore o il capo della squadra di negoziato dell’Unione.
4. Il Consiglio può impartire direttive al negoziatore e designare un comitato speciale che deve essere consultato nella conduzione dei negoziati.
5. Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione che autorizza la firma dell’accordo e, se del caso, la sua applicazione provvisoria prima dell’entrata in vigore.
6. Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione relativa alla conclusione dell’accordo.
(…)».
Fatti all’origine della controversia
10 Il 22 ottobre 2015 il Consiglio ha adottato, su raccomandazione della Commissione, una decisione che l’autorizza a condurre negoziati, a nome dell’Unione, con la Repubblica gabonese ai fini del rinnovo, per il periodo 2021-2026, del protocollo di attuazione dell’accordo di partenariato nell’ambito della pesca tra l’Unione europea e la Repubblica gabonese.
11 A seguito di tali negoziati, il 10 febbraio 2021, i negoziatori hanno parafato il nuovo protocollo di attuazione di tale accordo (in prosieguo: il «protocollo»).
12 Il 19 maggio 2021 la Commissione ha presentato la sua proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, e all’applicazione provvisoria del protocollo di attuazione (2021-2026) dell’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Repubblica gabonese e la Comunità europea [COM(2021) 246 final].
13 L’articolo 2 della decisione quale proposta dalla Commissione era formulato come segue:
«Il segretariato generale del Consiglio definisce lo strumento dei pieni poteri per la firma del protocollo, con riserva della sua conclusione, per la persona indicata dalla Commissione».
14 Il 28 giugno 2021 il Consiglio ha adottato la decisione (UE) 2021/1117. Tale decisione contiene quattro articoli così formulati:
«Articolo 1
È autorizzata, a nome dell’Unione, la firma del protocollo di attuazione dell’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Repubblica gabonese e la Comunità europea (2021-2026) (…), con riserva della sua conclusione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare il protocollo a nome dell’Unione.
Articolo 3
Il protocollo è applicabile a titolo provvisorio a decorrere dalla data della firma, in attesa che siano espletate le procedure necessarie per la sua entrata in vigore.
Articolo 4
La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione».
15 Lo stesso 28 giugno 2021 il presidente del Consiglio ha designato il rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea come persona abilitata a firmare il protocollo a nome dell’Unione. La Repubblica portoghese era lo Stato membro che esercitava all’epoca la presidenza di turno del Consiglio.
16 Il 29 giugno 2021 tale rappresentante permanente ha firmato il protocollo a nome dell’Unione.
17 Il 30 giugno 2021 la Commissione e gli Stati membri sono stati informati, con il documento ST 10307/21 del segretariato generale del Consiglio (in prosieguo: il «documento ST 10307/21»), di tale firma e dell’applicazione provvisoria del protocollo a partire dal 29 giugno 2021.
Conclusioni delle parti e procedura dinanzi alla Corte
18 La Commissione chiede che la Corte voglia:
– annullare l’articolo 2 della decisione 2021/1117;
– annullare la designazione da parte del Consiglio, tramite il suo presidente, del rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea come persona abilitata a firmare il protocollo, e
– condannare il Consiglio alle spese.
19 Il Consiglio chiede che la Corte voglia:
– respingere il ricorso in quanto irricevibile;
– in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;
– condannare la Commissione alle spese, e
– in ulteriore subordine, nel caso in cui la Corte annullasse gli atti impugnati, precisare, ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, che gli effetti di tali atti devono essere considerati definitivi.
20 Con decisione del presidente della Corte del 26 gennaio 2022, la Repubblica ceca, la Repubblica francese, l’Ungheria, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica portoghese sono stati autorizzati a intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.
21 Con ordinanza del 3 marzo 2022, il presidente della Corte ha autorizzato l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (in prosieguo: l’«Alto rappresentante») a intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.
22 Infine occorre rilevare che, nell’atto introduttivo del ricorso, la Commissione afferma, pur sottolineando che ciò non è oggetto di un motivo a sostegno del suo ricorso, che il Consiglio ha commesso un errore di diritto in quanto ha basato, senza ulteriori precisazioni, la decisione 2021/1117 sull’articolo 43 TFUE. Secondo la Commissione, il Consiglio avrebbe dovuto indicare, come base giuridica di tale decisione, l’articolo 43, paragrafo 2, TFUE, affinché la procedura di approvazione applicabile fosse chiaramente determinata. Ciò posto, poiché il Consiglio ha chiesto l’approvazione del Parlamento europeo per la conclusione del protocollo, l’errore commesso non avrebbe alcuna conseguenza giuridica. Tenuto conto di tali circostanze, la Commissione lascia alla Corte il compito di valutare se tale errore di diritto debba o meno essere constatato mediante un obiter dictum.
Sul ricorso
Sulla ricevibilità
Argomenti delle parti
23 Il Consiglio chiede che il ricorso sia dichiarato irricevibile.
24 Per quanto attiene, da un lato, alle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 2 della decisione 2021/1117 il Consiglio, sostenuto dal governo ungherese, dei Paesi Bassi e portoghese, rammenta che l’annullamento parziale di un atto dell’Unione sarebbe possibile solo a condizione che l’elemento di cui si chiede l’annullamento sia scindibile dal resto di tale atto. Tale requisito non sarebbe soddisfatto quando l’annullamento parziale richiesto può modificare la sostanza di detto atto, circostanza che dovrebbe essere determinata in modo oggettivo.
25 Orbene, l’articolo 2 della decisione 2021/1117 non potrebbe, secondo tale istituzione e tali governi, essere scisso dal resto di tale decisione senza che la sostanza di quest’ultima non venga modificata. Dal momento che qualsiasi decisione del Consiglio che autorizza la firma di un accordo internazionale contiene necessariamente una disposizione che enuncia le modalità con cui il firmatario sarà designato, la mancanza di una siffatta disposizione, derivante dall’annullamento del solo articolo 2 della decisione 2021/1117, creerebbe una lacuna del diritto, in contrasto con l’oggetto e la finalità di tale decisione, consistenti nella firma e nell’applicazione provvisoria del protocollo.
26 Per quanto concerne, dall’altro lato, le conclusioni dirette all’annullamento della designazione da parte del Consiglio, tramite il suo presidente, del rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea come persona abilitata a firmare il protocollo, il Consiglio, sostenuto dal governo ungherese, afferma che il contenuto dell’atto introduttivo del ricorso non consentirebbe d’individuare con precisione l’oggetto di tale capo delle conclusioni, in violazione del requisito di chiarezza e precisione che deriva dall’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 120, lettera c), del regolamento di procedura della Corte. Infatti, la Commissione non menzionerebbe i pieni poteri concessi il 28 giugno 2021 dal presidente del Consiglio al rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea al fine di firmare il protocollo a nome dell’Unione. Il Consiglio aggiunge che il documento ST 10307/21, al quale la Commissione fa riferimento in tale medesimo atto introduttivo del ricorso, avrebbe carattere puramente informativo, cosicché esso non produrrebbe alcun effetto giuridico e non potrebbe quindi essere oggetto di un ricorso di annullamento.
27 Infine, il Consiglio contesta la ricevibilità del ricorso nella parte in cui esso critica indirettamente la base giuridica materiale scelta per la decisione 2021/1117. Infatti, la Commissione sottolineerebbe che essa non intende sollevare un motivo al riguardo, poiché tale errore non avrebbe comportato conseguenze giuridiche nel caso di specie, pur lasciando alla valutazione della Corte la questione se occorra rimediarvi per mezzo di un obiter dictum. In ragione di tale mancanza di chiarezza, il Consiglio si troverebbe nell’incertezza quanto alla necessità o meno di presentare una difesa a tal proposito. Una siffatta presentazione dell’atto introduttivo del ricorso sarebbe quindi incompatibile con i requisiti di certezza del diritto e di buona amministrazione della giustizia, da cui discende che l’atto introduttivo del ricorso deve essere sufficientemente chiaro e preciso per consentire alla controparte di preparare la propria difesa e alla Corte di statuire.
28 La Commissione, sostenuta dall’Alto rappresentante, chiede che il ricorso sia dichiarato ricevibile.
Giudizio della Corte
29 In primo luogo, secondo la giurisprudenza costante della Corte, l’annullamento parziale di un atto dell’Unione è possibile solo nella misura in cui gli elementi di cui si chiede l’annullamento sono scindibili dal resto dell’atto. Tale requisito non risulta soddisfatto nel caso in cui l’annullamento parziale di un atto abbia come effetto di modificare la sostanza di quest’ultimo. La verifica del carattere scindibile delle disposizioni contestate presuppone l’esame della portata di tali disposizioni, al fine di poter valutare se il loro annullamento modifichi lo spirito e la sostanza dell’atto impugnato [sentenze del 16 luglio 2015, Commissione/Consiglio, C‑425/13, EU:C:2015:483, punto 94, e del 22 novembre 2022, Commissione/Consiglio (Adesione all’Atto di Ginevra), C‑24/20, EU:C:2022:911, punto 47].
30 L’accertamento se un annullamento parziale modifichi la sostanza dell’atto impugnato costituisce un criterio oggettivo e non un criterio soggettivo legato alla volontà politica dell’istituzione che ha adottato quest’atto [sentenza del 22 novembre 2022, Commissione/Consiglio (Adesione all’Atto di Ginevra), C‑24/20, EU:C:2022:911, punto 48 e giurisprudenza ivi citata].
31 Nel caso di specie si deve rilevare che, come emerge dalla loro stessa formulazione, i primi tre articoli della decisione 2021/1117 hanno, ciascuno, una portata distinta.
32 Infatti, all’articolo 1 di tale decisione il Consiglio autorizza la firma del protocollo e, al suo articolo 3, ne dispone l’applicazione provvisoria. Con l’articolo 2 di detta decisione, su cui verte il presente ricorso, il Consiglio autorizza il suo presidente a designare la persona o le persone abilitate a firmare il protocollo a nome dell’Unione.
33 Gli articoli 1 e 3 della decisione 2021/1117 esprimono quindi la decisione del Consiglio di approvare, quanto al suo contenuto, il protocollo negoziato dalla Commissione e di disporne l’applicazione provvisoria, mentre l’articolo 2 di tale decisione determina l’autorità incaricata di designare il firmatario di tale protocollo. Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 34 a 37 delle sue conclusioni, la questione della designazione del firmatario non influisce sulla decisione del Consiglio di approvare il contenuto del protocollo e di disporne l’applicazione provvisoria. Del resto, tanto la determinazione della persona abilitata a designare il firmatario quanto la designazione ulteriore, da parte di tale persona, del firmatario stesso potrebbero avvenire in atti separati senza che ciò, oggettivamente, abbia come effetto la modifica della sostanza o dello spirito dell’articolo 1 o dell’articolo 3 della decisione 2021/1117.
34 Quanto all’articolo 4 di tale decisione, esso si limita a prevedere la data di entrata in vigore di quest’ultima.
35 Ne consegue che l’articolo 2 della decisione 2021/1117 è scindibile dal resto di tale decisione e può, separatamente, formare oggetto di un ricorso di annullamento.
36 In secondo luogo, la designazione da parte del Consiglio del rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea come persona abilitata a firmare il protocollo costituisce un atto del Consiglio, ai sensi dell’articolo 263, primo comma, TFUE, che può quindi, conformemente al secondo comma di tale articolo, formare oggetto di un ricorso da parte della Commissione. Di conseguenza, contrariamente a quanto afferma il Consiglio, sostenuto su tale punto dal governo ungherese, il capo delle conclusioni diretto all’annullamento di tale designazione è ricevibile.
37 Tale considerazione non è messa in discussione dall’argomento del Consiglio secondo cui la Commissione non avrebbe indicato, con il grado di chiarezza e precisione richiesto dall’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 120, lettera c), del regolamento di procedura, l’oggetto di tale capo delle conclusioni poiché essa non avrebbe fatto riferimento, nel suo atto introduttivo del ricorso, ai pieni poteri concessi il 28 giugno 2021 dal presidente del Consiglio al rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea. Infatti, è pacifico tra le parti che tali pieni poteri, che non sono stati pubblicati, sono stati trasmessi dal segretariato generale del Consiglio unicamente alla Repubblica gabonese, mentre la Commissione è stata soltanto destinataria, il 30 giugno 2021, del documento ST 10307/21 con cui si informa che il protocollo era stato firmato il giorno prima dal rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea.
38 Del resto, e anche se una copia dei pieni poteri è stata infine comunicata alla Commissione nell’ambito della presente controversia in allegato al controricorso del Consiglio, la Commissione ha precisato, in sede di replica, che il capo delle conclusioni diretto all’annullamento della designazione da parte del Consiglio, tramite il suo presidente, del rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea come persona abilitata a firmare il protocollo riguardava tali pieni poteri.
39 In tali circostanze, la Commissione ha pienamente rispettato i requisiti di chiarezza e precisione derivanti dall’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 120, lettera c), del regolamento di procedura, specificando, nel suo atto introduttivo del ricorso, che la designazione del rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea come persona abilitata a firmare il protocollo è parte integrante dell’oggetto del suo ricorso di annullamento e facendo riferimento, al riguardo, al solo documento che le era stato trasmesso in merito, pur fornendo, nella sua replica a seguito della comunicazione da parte del Consiglio dei pieni poteri, la precisazione di cui al punto precedente.
40 Per quanto attiene, in terzo luogo, all’eccezione d’irricevibilità del ricorso nella parte in cui esso riguarda la base giuridica della decisione 2021/1117, essa deve essere respinta in quanto inconferente. Infatti, come sottolineato dalla Commissione nell’atto introduttivo del ricorso, la sua proposta diretta a che sia incluso, nella sentenza della Corte, un obiter dictum relativo a tale base giuridica non rientra nei motivi del suo ricorso, e tale istituzione ha inoltre precisato, in tale medesimo atto introduttivo, che l’errore da essa contestato non ha avuto alcuna conseguenza giuridica nel caso di specie.
41 Da tutto quanto precede risulta che il ricorso è ricevibile.
Nel merito
42 A sostegno del suo ricorso la Commissione deduce due motivi, ciascuno dei quali si articola in due parti. Il primo motivo verte su una violazione dell’articolo 17, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto, nella sua prima parte, con l’articolo 13, paragrafi 1 e 2, TUE e, nella sua seconda parte, con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE. Il secondo motivo verte, nella sua prima parte, su una violazione degli articoli 296 e 297 TFUE e, nella sua seconda parte, su una violazione dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE.
43 Occorre esaminare innanzitutto la prima parte del primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafi 1 e 2, TUE.
Argomenti delle parti
44 La Commissione, sostenuta dall’Alto rappresentante, afferma che l’articolo 17, paragrafo 1, TUE le conferirebbe la prerogativa di assicurare da sola la rappresentanza esterna dell’Unione nelle materie che non rientrano nella politica estera e di sicurezza comune (in prosieguo: la «PESC»). Tale prerogativa includerebbe, segnatamente, la firma degli accordi internazionali a nome dell’Unione o la designazione del firmatario di tali accordi a nome di quest’ultima. È quindi in violazione di detta prerogativa che il Consiglio, con gli atti indicati nel presente ricorso, avrebbe pregiudicato l’equilibrio istituzionale fissato dai trattati, di cui l’articolo 13, paragrafi 1 e 2, TUE, impone il rispetto.
45 Al riguardo, si dovrebbe distinguere il processo decisionale interno dell’Unione, che conduce il Consiglio ad autorizzare la firma dell’accordo internazionale negoziato dalla Commissione, dalla firma stessa di tale accordo. La firma costituirebbe un atto di rappresentanza esterna, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE, conformemente al diritto internazionale consuetudinario rispecchiato nella convenzione di Vienna. Spetterebbe, pertanto, alla Commissione designare la persona incaricata della firma di detto accordo.
46 Tale ripartizione delle competenze tra il Consiglio e la Commissione sarebbe corroborata dall’articolo 218, paragrafo 5, TFUE, che abilita il Consiglio ad autorizzare la firma dell’accordo, ma non a designare il firmatario.
47 Non sussisterebbe, pertanto, alcun conflitto tra l’articolo 17, paragrafo 1, TUE e l’articolo 218, paragrafo 5, TFUE e la seconda di tali disposizioni non derogherebbe alla prima.
48 Abilitando il rappresentante permanente dello Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio a firmare il protocollo a nome dell’Unione, il Consiglio avrebbe agito come se esso stesso, la sua presidenza di turno e il suo segretariato generale assicurassero ancora la rappresentanza esterna dell’Unione. Orbene, dall’entrata in vigore dei trattati UE e FUE, risultanti dal trattato di Lisbona, non sarebbe più così.
49 Infatti, il venir meno della presidenza di turno del Consiglio nella rappresentanza esterna dell’Unione sarebbe una delle principali innovazioni del trattato di Lisbona nell’ambito delle relazioni esterne. L’obiettivo di tale modifica consisterebbe nel rafforzare la visibilità e il riconoscimento internazionali dell’Unione, assicurando che i rappresentanti dei paesi terzi non siano più esposti ai cambiamenti nella rappresentanza esterna dell’Unione che derivavano dalla rotazione della presidenza del Consiglio tra gli Stati membri e siano in contatto non con rappresentanti degli Stati membri presso l’Unione, ma con rappresentanti di quest’ultima, designati dall’Alto rappresentante nell’ambito della PESC e dalla Commissione in ogni altro ambito delle relazioni esterne dell’Unione.
50 Gli atti del Consiglio indicati nel presente ricorso si inserirebbero in una prassi che nega tale modifica introdotta dal trattato di Lisbona. Tale prassi sarebbe di conseguenza illegittima, senza che abbia rilevanza al riguardo la circostanza che essa continui ad essere attuata dal segretariato generale del Consiglio e dall’Ufficio Trattati e accordi che lo assiste.
51 L’articolo 2 della decisione 2021/1117 e la designazione del rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea come firmatario del protocollo a nome dell’Unione dovrebbero pertanto essere annullati. Occorrerebbe tuttavia conservare gli effetti del protocollo.
52 Il Consiglio conclude chiedendo il rigetto della prima parte del primo motivo.
53 Tale istituzione, sostenuta dai governi ceco, francese, ungherese, dei Paesi Bassi e portoghese, ritiene che il presente ricorso costituisca un tentativo di interferire nelle sue prerogative per quanto riguarda la firma e, per estensione, la conclusione di accordi internazionali a nome dell’Unione, quali enunciate nei trattati UE e FUE e quali da esso esercitate da decenni.
54 Al riguardo il Consiglio osserva che, nell’esercizio della competenza ad esso attribuita per autorizzare la firma e concludere siffatti accordi, esso è assistito dal suo segretariato generale, che dispone a tal fine dell’Ufficio Trattati e accordi, i cui compiti comportano in particolare l’organizzazione della firma di accordi internazionali.
55 I pieni poteri predisposti da tale ufficio per il presidente del Consiglio sarebbero fondati su una valutazione di diversi elementi, tra cui il livello protocollare del rappresentante designato dal paese terzo interessato, l’importanza politica dell’accordo e il quadro in cui o a margine del quale è organizzata la cerimonia di firma.
56 La designazione della persona o delle persone abilitate a firmare un accordo internazionale a nome dell’Unione costituirebbe un prolungamento e una componente dell’esercizio, da parte del Consiglio, della prerogativa ad esso attribuita dall’articolo 218, paragrafo 5, TFUE di «autoriz[zare] la firma». Alla luce di tale disposizione, l’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE sarebbe irrilevante per quanto riguarda la firma di accordi internazionali. Una siffatta firma non avrebbe semplicemente come oggetto la comunicazione della posizione dell’Unione, ma creerebbe effetti giuridici in diritto internazionale, cosicché essa non rientrerebbe nella mera «rappresentanza esterna dell’Unione».
57 Tutte le fasi che vanno dalla decisione che autorizza la firma alla firma stessa formerebbero un continuum giuridico e procedurale che rientrerebbe nella competenza del Consiglio ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, TUE, che troverebbe espressione specifica all’articolo 218, paragrafo 5, TFUE. Dal momento che la firma di un accordo internazionale produce effetti giuridici, essa dovrebbe essere ritenuta un elemento costitutivo della definizione delle politiche dell’Unione.
58 Il Consiglio e i governi che lo sostengono sottolineano, inoltre, che i poteri relativi agli accordi internazionali che gli autori dei trattati assegnano a un’istituzione lo sarebbero sempre in modo esplicito. In assenza di menzione espressa, all’articolo 218, paragrafo 5, TFUE, che limiti il potere del Consiglio in materia di firma, gli autori dei trattati avrebbero stabilito un equilibrio istituzionale che non consentirebbe alla Commissione di rivendicare, sul fondamento dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, una competenza per designare il firmatario.
59 La circostanza che la persona designata dai pieni poteri sia qualificata come «rappresentante», ai sensi del diritto internazionale consuetudinario codificato dalla Convenzione di Vienna, non potrebbe implicare, salvo disattendere la portata dell’articolo 16, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 218, paragrafo 5, TFUE, che la firma apposta da tale persona rientri nella «rappresentanza esterna dell’Unione», ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE. Anche supponendo che la firma di un accordo internazionale possa, in astratto, essere un atto rientrante nella rappresentanza esterna, ciò non toglierebbe che l’articolo 218, paragrafo 5, TFUE faccia parte degli «altri casi previsti dai trattati», di cui all’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE, e che costituisca quindi un’eccezione al potere della Commissione di assicurare la rappresentanza esterna dell’Unione quando si tratta di organizzare la firma di un accordo internazionale.
60 Pur riconoscendo che i trattati UE e CE in vigore prima del trattato di Lisbona non contenevano una disposizione equivalente all’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE, il Consiglio e i governi che lo sostengono osservano che tali trattati anteriori, che conferivano già taluni poteri di rappresentanza esterna alla Commissione, non avrebbero concesso tuttavia alcuna competenza a quest’ultima per firmare accordi internazionali. Ciò continuerebbe ad avvenire nell’ambito dei trattati UE e FUE. Parimenti, la circostanza che il trattato di Lisbona abbia trasferito poteri di rappresentanza esterna dalla presidenza di turno del Consiglio all’Alto rappresentante non avrebbe modificato il potere del Consiglio, derivante attualmente dall’articolo 218, paragrafo 5, TFUE, di designare i firmatari di accordi internazionali. Il Trattato di Lisbona non avrebbe quindi apportato le modifiche addotte dalla Commissione per quanto riguarda la firma di tali accordi, e le differenze testuali esistenti tra le disposizioni anteriori e l’articolo 218, paragrafo 5, TFUE sarebbero puramente redazionali.
Giudizio della Corte
61 Occorre innanzitutto ricordare che i trattati hanno instaurato un sistema di ripartizione delle competenze fra le varie istituzioni dell’Unione, secondo il quale ciascuna svolge una propria specifica funzione nella struttura istituzionale dell’Unione e nella realizzazione dei compiti ad essa affidati [sentenze del 22 maggio 1990, Parlamento/Consiglio, C‑70/88, EU:C:1990:217, punto 21, e del 25 ottobre 2017, Commissione/Consiglio (WCR-15), C‑687/15, EU:C:2017:803, punto 40].
62 Infatti l’articolo 13, paragrafo 2, TUE prevede che ciascuna istituzione dell’Unione agisca nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste. Tale disposizione traduce il principio dell’equilibrio istituzionale, che caratterizza la struttura istituzionale dell’Unione, il quale implica che ogni istituzione eserciti le proprie competenze nel rispetto di quelle delle altre istituzioni [sentenze del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione, C‑409/13, EU:C:2015:217, punto 64, e del 22 novembre 2022, Commissione/Consiglio (Adesione all’Atto di Ginevra), C‑24/20, EU:C:2022:911, punto 83].
63 L’articolo 13, paragrafo 2, TUE dispone, inoltre, che le istituzioni dell’Unione attuano tra loro una leale cooperazione.
64 Nel caso di specie, i poteri del Consiglio rilevanti ai fini dell’esame della prima parte del primo motivo includono, in particolare, quello di cui all’articolo 16, paragrafo 1, seconda frase, TUE, che attribuisce a tale istituzione funzioni di «definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati», e quello previsto dall’articolo 16, paragrafo 6, terzo comma, TUE, secondo cui il Consiglio «Affari esteri» «elabora l’azione esterna dell’Unione secondo le linee strategiche definite dal Consiglio europeo e assicura la coerenza dell’azione dell’Unione».
65 I poteri rilevanti della Commissione ai fini di tale medesimo esame sono, dal canto loro, enunciati all’articolo 17, paragrafo 1, prima, quinta e sesta frase, TUE. Tali frasi prevedono, rispettivamente, che la Commissione «promuove l’interesse generale dell’Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine», «esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione, alle condizioni stabilite dai trattati» e «assicura la rappresentanza esterna dell’Unione» fatta eccezione tuttavia, per quanto riguarda quest’ultima competenza, per la PESC e «per gli altri casi previsti dai trattati».
66 Conformemente a tale ripartizione di competenze, e come confermato peraltro dall’articolo 218, paragrafi 2 e 5, TFUE, spetta al Consiglio, su proposta del negoziatore, autorizzare la firma di un accordo internazionale a nome dell’Unione. Infatti, la decisione vertente sulla questione se occorra firmare un accordo negoziato dalla Commissione con un paese terzo implica che siano valutati, nel rispetto delle linee strategiche definite dal Consiglio europeo nonché dei principi e degli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione, gli interessi di quest’ultima nell’ambito delle relazioni con tale paese terzo e siano operate ponderazioni tra gli interessi divergenti rientranti nell’ambito di tali relazioni. Di conseguenza, tale decisione fa parte degli atti di definizione delle politiche dell’Unione e di elaborazione dell’attività esterna di quest’ultima, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, seconda frase, e paragrafo 6, terzo comma, TUE (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2016, Consiglio/Commissione, C‑660/13, EU:C:2016:616, punti 39 e 40).
67 La decisione che autorizza la firma di un accordo internazionale non include tuttavia l’atto ulteriore consistente nella firma stessa di tale accordo. Infatti tale firma deve, a seguito dell’autorizzazione, essere apposta dopo che sono stati effettuati tutti gli interventi necessari a tal fine, in particolare nei confronti del paese terzo interessato. Tra tali interventi figura l’emissione dei pieni poteri che designano la persona o le persone abilitate a firmare l’accordo a nome dell’Unione.
68 Al fine di determinare quale sia, secondo il diritto dell’Unione, l’istituzione competente a designare il firmatario di un accordo internazionale, ci si deve basare sulla caratteristica principale di detta designazione, che consiste nell’abilitare una o più persone ad agire a nome dell’Unione nei confronti del paese terzo interessato.
69 Al riguardo occorre rilevare, da un lato, che tale designazione non richiede una valutazione che rientri nella «definizione delle politiche» dell’Unione o nelle funzioni di «coordinamento» o nell’«elabora[zione] [del]l’azione esterna» di quest’ultima, ai sensi dell’articolo 16, paragrafi 1 e 6, TUE. Essa avviene certamente a seguito della decisione del Consiglio sull’autorizzazione della firma dell’accordo, ma non contribuisce alla valutazione politica, sottesa a una siffatta decisione, ai sensi della quale tale istituzione ha acconsentito agli effetti giuridici che saranno prodotti dalla firma secondo le norme pertinenti del diritto internazionale.
70 Riguardo a quest’ultimo aspetto, si deve osservare che, indipendentemente dalla persona designata quale firmatario in forza delle norme del diritto dell’Unione, gli effetti giuridici della firma, tra cui l’obbligo, di cui segnatamente all’articolo 18 della convenzione di Vienna, di astenersi da atti che priverebbero l’accordo del suo oggetto e del suo scopo, saranno gli stessi e impegneranno l’Unione nella sua qualità di soggetto di diritto internazionale.
71 Dall’altro lato, quanto alla questione se la designazione del firmatario sia un atto che «assicura la rappresentanza esterna dell’Unione», ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE, si deve rilevare che, nella sua accezione abituale, la nozione giuridica di «rappresentanza» implica un’azione a nome di un soggetto presso un terzo; una siffatta azione può essere, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni, una manifestazione di volontà di tale soggetto nei confronti di detto terzo.
72 Orbene, l’apposizione, da parte della persona designata a tal fine, della sua firma su un accordo internazionale a nome dell’Unione esprime appunto la manifestazione della volontà dell’Unione, quale definita dal Consiglio, nei confronti del paese terzo con cui tale accordo è stato negoziato.
73 La formulazione dell’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE, secondo cui la Commissione «assicura la rappresentanza esterna dell’Unione», tende quindi a dimostrare che tale disposizione conferisce alla Commissione il potere di adottare, al di fuori della PESC e a meno che i trattati non prevedano, su tale punto, una diversa ripartizione delle competenze, qualsiasi azione che, a seguito della decisione del Consiglio recante autorizzazione della firma di un accordo internazionale a nome dell’Unione, assicuri che tale firma sia apposta.
74 Tale interpretazione letterale dell’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE, è in linea con il diritto internazionale consuetudinario.
75 Al riguardo, per quanto concerne la firma di accordi internazionali, dal diritto internazionale consuetudinario, come codificato in particolare all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della convenzione di Vienna emerge che ogni persona designata in un documento emanato dall’autorità competente di uno Stato o dall’organo competente di un’organizzazione internazionale per compiere l’atto di firma deve essere considerata, in forza di tali pieni poteri, come rappresentante di tale Stato o di tale organizzazione internazionale.
76 L’apposizione, da parte di una tale persona, della sua firma su un accordo internazionale a nome dell’Unione rientra quindi, sotto il profilo delle norme di diritto internazionale consuetudinario, nella «rappresentanza» di quest’ultima.
77 Pertanto, alla luce dell’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE, si deve ritenere che gli interventi necessari ai fini della firma di un accordo internazionale dopo che tale firma è stata autorizzata dal Consiglio, il cui intervento consisteva nel designare il firmatario, rientrano, al di fuori della PESC, nell’ambito della competenza della Commissione ad «assicura[re] la rappresentanza esterna dell’Unione», a meno che il trattato UE o il trattato FUE non attribuiscano la competenza a organizzare tale firma a un’altra istituzione dell’Unione. Quest’ultima riserva, riflessa nell’espressione «altri casi previsti dai trattati», costituisce, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni e come risulta dalla formulazione stessa dell’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE, un’eccezione alla competenza della Commissione enunciata in tale disposizione.
78 Il Consiglio e i governi che lo sostengono affermano che l’articolo 218 TFUE, che prevede una procedura unificata e di portata generale riguardante la negoziazione, la firma e la conclusione di accordi internazionali che l’Unione è competente a concludere [v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Consiglio (Accordo con l’Armenia), C‑180/20, EU:C:2021:658, punto 27 e giurisprudenza ivi citata], e il cui paragrafo 5 riguarda l’autorizzazione della firma di tali accordi, rientra, per quanto attiene a tale firma, negli «altri casi previsti dai trattati» di cui all’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE.
79 Tuttavia si deve rilevare che, contrariamente all’articolo 218, paragrafo 3, TFUE, il quale, per quanto riguarda la negoziazione di accordi internazionali, conferisce al Consiglio la competenza non solo ad autorizzare l’avvio dei negoziati, ma altresì a designare il negoziatore o il capo della squadra di negoziato dell’Unione, l’articolo 218, paragrafo 5, TFUE menziona la competenza del Consiglio ad autorizzare la firma e l’applicazione provvisoria dell’accordo internazionale e non una competenza a designare il firmatario di quest’ultimo. Pertanto, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 82 a 84 delle sue conclusioni, quest’ultima disposizione non comporta una deroga all’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE.
80 Sebbene la procedura di negoziazione, firma e conclusione degli accordi internazionali prevista dall’articolo 218 TFUE possa, nel suo insieme, essere ritenuta, come osservano il Consiglio e i governi che lo sostengono, un «continuum», ciò non toglie che, nel corso di ciascuna fase di tale procedura identificata in tale articolo, ogni istituzione debba esercitare le proprie competenze quali attribuite dai trattati, fatte salve le sole eccezioni espressamente previste, e ciò conformemente al principio dell’equilibrio istituzionale rammentato al punto 62 della presente sentenza. Orbene, quanto alla designazione del firmatario di un accordo internazionale, l’articolo 218, paragrafo 5, TFUE, non prevede, a favore del Consiglio, un’eccezione alla competenza della Commissione che deriva dall’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE.
81 Ne consegue che, nel caso in cui il Consiglio abbia autorizzato la firma di un accordo internazionale che, come nel caso di specie, non rientra nell’ambito della PESC o di «altri casi previsti dai trattati», spetta alla Commissione, in forza dell’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE, assicurare la firma stessa di tale accordo.
82 Tale constatazione non è inficiata dal fatto che il Consiglio abbia continuato, dopo l’entrata in vigore dei trattati UE e FUE, a designare i firmatari degli accordi internazionali e a scegliere regolarmente come firmatario il rappresentante permanente presso l’Unione dello Stato membro che esercitava la presidenza di turno del Consiglio. Infatti una prassi, sia pure costante, non può modificare le norme dei trattati che le istituzioni sono tenute a rispettare [v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2017, Commissione/Consiglio (WCR-15), C‑687/15, EU:C:2017:803, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
83 Occorre infine rilevare che, conformemente all’articolo 17, paragrafo 1, prima frase, TUE, la Commissione deve esercitare la propria competenza relativa alla firma di accordi internazionali nell’interesse generale dell’Unione. Essa è, inoltre, tenuta a rispettare l’obbligo di leale cooperazione enunciato all’articolo 13, paragrafo 2, TUE. Parimenti spetta, in particolare, a tale istituzione assicurare che, una volta adottata la decisione del Consiglio che autorizza la firma di un accordo, tale firma avvenga quanto prima, e ciò in condizioni che riflettano adeguatamente l’importanza di tale accordo. In aggiunta, nel caso di un cambiamento fondamentale di circostanze intervenuto dopo l’adozione della decisione che autorizza la firma, spetta alla Commissione consultare il Consiglio affinché quest’ultimo possa, se del caso, nell’ambito dell’esercizio delle sue competenze sancite dall’articolo 16, paragrafi 1 e 6, TUE nonché dall’articolo 218 TFUE, trarre le conseguenze di tale cambiamento fondamentale di circostanze prima che la firma venga apposta.
84 Alla luce dell’insieme degli elementi che precedono, la prima parte del primo motivo di ricorso deve essere accolta.
85 Di conseguenza, l’articolo 2 della decisione 2021/1117 nonché la designazione, sulla base di tale disposizione, del rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea come persona abilitata a firmare il protocollo devono essere annullati, senza che sia necessario esaminare la seconda parte del primo motivo né il secondo motivo di ricorso.
Sul mantenimento degli effetti degli atti annullati
86 Ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, la Corte può, ove lo reputi necessario, precisare gli effetti di un atto annullato che devono essere considerati definitivi.
87 Si può fare ricorso a tale potere, per ragioni di certezza del diritto, in particolare quando l’annullamento di un atto dell’Unione adottato nell’ambito della procedura di negoziazione, firma e conclusione di un accordo internazionale sia idoneo a mettere in discussione la partecipazione dell’Unione a tale accordo o alla sua esecuzione, quantunque la competenza dell’Unione in proposito non sollevi alcun dubbio [v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2017, Commissione/Consiglio (Accordo di Lisbona riveduto), C‑389/15, EU:C:2017:798, punto 81 e giurisprudenza ivi citata].
88 L’annullamento dell’articolo 2 della decisione 2021/1117 e della designazione, sulla base di tale disposizione, della persona abilitata a firmare il protocollo senza il mantenimento dei loro effetti avrebbe come conseguenza quella di mettere in discussione la firma del protocollo a nome dell’Unione, avvenuta il 29 giugno 2021, sebbene la competenza dell’Unione ad acconsentire, per mezzo di una firma a suo nome, agli effetti giuridici di cui in particolare all’articolo 18 della Convenzione di Vienna nonché all’applicazione provvisoria del protocollo non sollevi alcun dubbio e, inoltre, la volontà dell’Unione a esprimere tale consenso sia certa, poiché il Consiglio, all’articolo 1 della decisione 2021/1117, ha autorizzato la firma del protocollo. Se è vero che tale autorizzazione è stata data con riserva della conclusione del protocollo, occorre tuttavia rilevare che tale conclusione è avvenuta in seguito, come testimoniato dall’adozione della decisione (UE) 2022/2066 del Consiglio, del 21 febbraio 2022, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, del protocollo di attuazione dell’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Repubblica gabonese e la Comunità europea (2021-2026) (GU 2022, L 277, pag. 103), che ha espresso l’approvazione, da parte dell’Unione, del protocollo.
89 Di conseguenza, al fine di preservare la certezza del diritto, si deve dichiarare che gli effetti dell’articolo 2 della decisione 2021/1117 e della designazione, sulla base di tale disposizione, del rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea come persona abilitata a firmare il protocollo sono definitivi.
Sulle spese
90 Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio è rimasto soccombente, esso deve essere condannato a farsi carico, oltre che delle proprie spese, anche di quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.
91 Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, di detto regolamento, la Repubblica ceca, la Repubblica francese, l’Ungheria, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica portoghese si faranno carico delle proprie spese.
92 Ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 3, di detto regolamento, anche l’Alto rappresentante si farà carico delle proprie spese.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:
1) L’articolo 2 della decisione (UE) 2021/1117 del Consiglio, del 28 giugno 2021, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, e all’applicazione provvisoria del protocollo di attuazione dell’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Repubblica gabonese e la Comunità europea (2021-2026), è annullato.
2) La designazione, sulla base dell’articolo 2 della decisione 2021/1117, del rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea come persona abilitata a firmare il protocollo di attuazione dell’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Repubblica gabonese e la Comunità europea (2021-2026), è annullata.
3) Gli effetti dell’articolo 2 della decisione 2021/1117 e della designazione, sulla base di tale disposizione, del rappresentante permanente della Repubblica portoghese presso l’Unione europea come persona abilitata a firmare il protocollo di attuazione dell’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Repubblica gabonese e la Comunità europea (2021-2026), sono definitivi.
4) Il Consiglio dell’Unione europea è condannato a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle della Commissione europea.
5) La Repubblica ceca, la Repubblica francese, l’Ungheria, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica portoghese e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza si faranno carico delle proprie spese.
Firme